Leggere il canto VII è come adorare il Santissimo. Si entra in chiesa, con la testa piena delle sciocchezze e del rumore di cui sono fatte le nostre giornate, ci si inginocchia davanti al Mistero e poi ci vuol tempo, silenzio e pazienza perché la mente e il cuore si liberino dell’ingombro dell’io ipertrofico che un po’ tutti ci opprime. E non è detto che succeda. Fortuna che almeno il corpo sta lì, almeno quello è relativamente facile comandarlo (come dice Eb 10, 5: «un corpo invece mi hai preparato». Che dono prezioso è averlo); perché lo spirito invece scappa da tutte le parti. Tutto, pur di non stare lì, davanti alla Presenza. Con pazienza e umiltà bisogna lasciare che torni a casa, e aspettare finché non accada che l’ostinato silenzio del Santissimo Sacramento ci parli. Magari non succede, come ho detto, e la nostra adorazione consisterà allora soltanto nel…
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